ALCOLISMO una malattia sconosciuta, la piaga più diffusa nel mondo

di Almalinda Giacummo

Quella dell’alcolismo è sicuramente la piaga più diffusa e taciuta che ci sia e a dirlo sono gli esperti. Tra le malattie che causano la morte e che provocano stati di alterazione pericolosi, quelle dipendenti dall’alcol sono più numerose degli effetti della droga: tumori, miocardiopatie (malattie per le quali il cuore di dilata, pompa male il sangue, affatica il respiro ed i battiti sono irregolari), sindromi fetali alcoliche (la madre alcolista passa l’alcol direttamente al feto, causandogli malformazioni e ritardi mentali: è sufficiente anche una sola sbronza, mentre con un bicchiere al giorno si limitano comunque la capacità di apprendimento e la memoria del nascituro); l’alcol è anche responsabile della distruzione di molte cellule cerebrali e dell’”impazzimento” di alcuni neurotrasmettitori: diminuisce la capacità di apprendimento e la memoria, si perde il controllo del proprio comportamento ed aumenta conseguentemente l’aggressività.

E poi polinevriti, psicosi di Korsakoff, amnesia, disorientamento, gastriti, infiammazioni del pancreas e del fegato, cirrosi epatica.

All’abuso di alcol sono quindi legate anche l’eccessiva violenza e l’aggressività, così come l’ansia, l’insonnia, l’anoressia, la bulimia e la depressione. In pratica, fa più danni della droga perché devasta molti organi del corpo, provocando malattie croniche. In linea generale, gli effetti dell’alcol sull’organismo dipendono dalla sua concentrazione nel sangue (calcolata per g di alcol in ml di sangue), variabile a seconda della quantità assunta e dello stato fisico e metabolico personale. La tolleranza giornaliera potrebbe essere intorno a 30 g per le donne e 60 g per gli uomini. Anche un leggero eccesso di alcol comporta problemi di malnutrizione impoverendo il corpo di vitamina B.

Solo in Italia, ogni anno si contano fino a 50.000 alcolisti in più, per un totale di circa 3 milioni di persone, contro i “soli” 180.000 tossicodipendenti accertati; sarebbero circa 6 milioni le persone che bevono solo “un po’ troppo”. Secondo stime abbastanza recenti la metà degli omicidi vengono commessi sotto l’effetto dell’alcol: la stessa cosa avviene sia per le risse sia per le violenze sessuali, in quest’ultimo caso la violenza fisica in ambiente familiare sale a percentuali vertiginose: 80% circa. Beve troppo 1 donna su 10, mentre per gli uomini si passa a 1 su 4.

E il problema sta nel fatto che chi beve non uccide solo se stesso, ma mette in serio pericolo anche gli altri: sulle strade muoiono nel mondo ogni anno circa 700.000 persone, per lo più per guida in stato di ebbrezza, mentre per gli incidenti che coinvolgono pedoni la percentuale è del 30%: un bicchiere riduce la visione periferica del 30%, davanti ad un ostacolo i riflessi diventano lenti, i movimenti scoordinati, le immagini si sdoppiano e la vista risulta offuscata. A questo punto, frenare diventa un optional.

Ma a sentire la maggior parte delle persone, stabilire quale sia il confine fra un forte bevitore ed un alcolista è difficile: secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) bere è comunque un comportamento a rischio, limitato se sta in un bicchiere a pasto per la donna ed in due per l’uomo, evitando comunque di bere quando sia è stanchi, depressi, si deve guidare, si prendono alcuni farmaci…La forte incidenza dell’alcolismo in Italia è probabilmente legata anche a cause sociali, ambientali e familiari miste a cause psichiche, oltre ad una predisposizione genetica alla base. Basta ricordare che in Italia le leggi per la limitazione della pubblicità su alcolici vari ha nascita recente, e scarsa osservazione, mentre le cosiddette “pubblicità progresso” hanno vita breve e limitata nei loro passaggi: certo, il proibizionismo americano ha dimostrato come le leggi troppo severe non portino ad alcun cambiamento in positivo, e non basta ancora oggi dover bere in pubblico senza far vedere da che tipo di bottiglia ci si sta dissetando per evitare l’eccesso di alcol. Forse sarebbe necessaria una maggiore sensibilizzazione mondiale.

Per aiutare chi ad un certo punto si rende conto di non poter più fare a meno di bere, di non essere assolutamente più in grado di far fronte al desiderio ed al bisogno di alcol, sono nati gruppi formati sia da specialisti sia gli stessi alcolisti che, riuniti in associazioni dai vari nomi, si scambiano le esperienze di vita legate e causate dal loro “vizio”, aiutandosi l’un l’altro sia con parole di incoraggiamento ed atti chiari nel momento della disintossicazione fisica, sia aiutando altri nelle stesse condizioni, confrontandosi quotidianamente con gente “colpita dalla stessa malattia”. Il “metodo di cura” prevede riunioni riservate ai familiari degli alcolisti, coloro che, alla fine dei conti, subiscono le conseguenze delle scelte e degli atti altrui.

In genere gli alcolisti tendono a considerarsi solo dei forti bevitori, in grado di smettere in qualsiasi momento; solo quando si accorgono di essere praticamente impotenti di fronte alla malattia cercano aiuto: sono allo stremo, così come le loro famiglie. Sentendo parlare gente nelle stesse condizioni, cominciano a prendere veramente coscienza del loro stato e finalmente cominciano a parlarne nei termini giusti: poi si inizia a cercare di raggiungere un traguardo, ogni volta più lontano, ogni volta più difficile, smettere di bere per un giorno, per due giorni… E’ l’astinenza: ed il gruppo continua a sostenere la scelta, il traguardo. Ma una volta acquisita la sobrietà, bisogna anche riuscire a mantenerla: e qui entra in gioco uno stile di vita diverso, che va appreso, incamerato, pensato, digerito e vissuto, fino a rendere chi lo “interpreta” una persona nuova, pronta ad assumersi di nuovo tutte le sue responsabilità e conseguenze dei propri atti. E chi ha “solo” un parente o un amico alcolista? Ha seri problemi comunque: vive nell’angoscia e nell’incertezza, perché un alcolista è imprevedibile, nella paura di atti violenti, nella solitudine perché si vergogna e non parla con nessuno di questo problema, quasi fosse lui stesso l’alcolista. I Gruppi di Autoaiuto, così si chiamano sia per gli alcolisti sia per gli “altri”, aiutano a comprendere come da questa malattia sia impossibile difendersi da soli, magari attaccando l’alcolista, sgridandolo perché vomita e pulendo subito dopo, andandolo a prendere quando resta per strada, diventando sue vittime psicologiche con crisi di nervi e scatti d’ira: l’unico aiuto che si può dare a se stessi, e all’alcolista, è quello di superare la propria parte di malattie “scendendo dalla giostra”, imparando che mettere man mano l’alcolista di fronte alla sua situazione, con calma e serenità, non può fargli che bene. Quando l’alcolista comincia a svegliarsi disteso nel suo vomito, a trovarsi in posti che non conosce, a vedere che la famiglia continua a girare tranquilla (si fa per dire) anche senza di lui, che non è più il centro dell’attenzione, allora si renderà meglio conto di avere qualche serio problema e di avere anche il modo per uscirne.

Ma non bisogna demonizzare l’alcol: pare, infatti, che bevendone quantitativi limitati, si possa beneficiare di sostanze, presenti ad esempio nel vino rosso, che aiutano a ridurre i livelli di colesterolo cattivo, aumentando invece, e questo vale anche per gli altri alcolici, il livello di colesterolo buono, riducendo la viscosità del sangue e diminuendo il rischio di coagulazione. Se proprio non si riesce a rinunciare all’alcol, conviene bere moderatamente durante i pasti: il cibo rallenta del 50% l’assorbimento di alcol nel sangue, mentre l’alcol pare facilitare l’assorbimento di alcuni minerali quali il ferro, il calcio, il magnesio e lo zinco.

Bere sì, dunque, ma con moderazione: deve essere un piacere e non un baratro nel quale rischiare di cadere ogni giorno.

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